Bobby Fischer


Con la sfida al titolo mondiale di scacchi fra il sovietico Boris Spassky e l'americano Bobby Fischer, si ebbe come un'apoteosi degli scacchi. Non si era mai visto un giocatore come Fischer: dimostrava una superiorità così schiacciante contro un avversario di pari livello. Il grande pubblico americano aveva trovato una nuova musa nel traino di una moda che fece impennare la popolarità di uno sport precedentemente considerato noioso, lanciandolo all'improvviso sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Chi era già appassionato di scacchi aveva scoperto un messia in Bobby Fischer, poiché rappresentava uno spettacolo assoluto ed entusiasmante. Quando si esprimeva all'apice della forma, dimostrava una straordinaria capacità di giocare in modo pulito, lineare, eppure imprevedibile. Non sentiva la necessità di inventare strategie misteriose o di studiare mosse a sorpresa ; superava l'avversario con un attacco ordinato e spietato, ma mai meccanico. Il suo stile era armonico, eppure non in modo platealmente romantico. Ogni volta che muoveva un pezzo, si aveva l'impressione che fosse una scelta banale, l'unica scelta giusta : eppure, solo lui era in grado di vederla.  

La madre, Regina Fischer , camuffata con una parrucca bionda, andò da Bobby in segreto nella sua camera di albergo prima della sfida contro Boris Spasskij.
La madre, Regina Fischer , camuffata con una parrucca bionda, andò da Bobby in segreto nella sua camera di albergo prima della sfida contro Boris Spasskij.

Possedeva la rara capacità di rendere facile e naturale ciò che era immensamente difficile. Era dotato della capacità unica di far trasparire, nel suo gioco, l'arte nascosta nello sport. In uno sport tra i più complessi concepibili, il suo stile era un inno alla semplicità e all'immediatezza. Uno dei principi fondamentali della sua filosofia era la semplificazione : invitava l'avversario a scambiare pezzi per raggiungere le fasi finali con meno materiale sulla scacchiera, mirava alla vittoria anziché alla patta, prendeva l'iniziativa e rispondeva con onestà agli attacchi avversari. Lasciava che i pezzi sulle 64 caselle raccontassero fino alla fine la storia della partita, poiché i suoi scacchi, come lui, non sapevano mentire. "Gli scacchi sono la ricerca della verità", avrebbe detto molti anni più tardi, ed è un peccato che Bobby Fischer non sia riuscito a mantenere fede a questa massima, scacciando le menzogne e le paranoie che infestarono la sua vita. La profondità con cui affrontava gli scacchi lo aveva contagiato anche nella visione del mondo, anticonformista ed originale, come molti geni. Bobby muore nella notte del 17 gennaio 2008 presso Landspitali University Hospital di Reykjavik a causa di problemi renali. Il 9 marzo avrebbe compiuto 65 anni.

- Una sua prima pubblicazione autografata con dedica, 12 luglio, 1966 -
- Una sua prima pubblicazione autografata con dedica, 12 luglio, 1966 -
- L'altra sua pubblicazione del 1969 -
- L'altra sua pubblicazione del 1969 -
- Una 1a edizione italiana della U.MURSIA Editore del 1972 -
- Una 1a edizione italiana della U.MURSIA Editore del 1972 -

Sessantotto anni fa un ragazzo di 13 anni giocò alla 17... - Ae6 ! ! , sacrificando la sua Regina e inserendo il suo nome nei libri di storia. La sconvolgente vittoria di Fischer su Donald Byrne nel torneo di Rosenwald, una pietra miliare che scosse il mondo degli scacchi. 

Anche se Fischer non giocò a scacchi in pubblico dal 1992, ci sono state diverse voci sul fatto che abbia giocato su Internet, ma nessuna di queste si ritiene abbia basi nella realtà. Nel 2001 emersero voci che sostenevano che Fischer giocò nell'anonimato delle partite lampo sull'Internet chess server usando aperture estremamente svantaggiose, ma battendo nonostante ciò dei giocatori molto forti. Il Grande Maestro britannico Nigel Short riportò la sua esperienza in un messaggio che venne discusso in un thread di Usenet. Si è suggerito che il misterioso Fischer sia in realtà un computer; si può trovare un'analisi ai punti 134 e 139 di Tim Krabbé's chess diary. Quando venne intervistato a tal proposito, Fischer dichiarò di non aver mai giocato online.

Bobby Fischer amava fare l'esatto contrario di quello ci sarebbe aspettato da lui. Andava nei ristoranti poco prima che chiudessero, per non dare nell'occhio. Ordinava birra organica e chiedeva ai camerieri se il salmone del menu fosse selvaggio o di allevamento. Se era selvaggio, non lo prendeva: è una razza protetta. Alla radio ascoltava con piacere Björk, ma anche gli incontri degli alcolisti anonimi: trovava alquanto singolare che certe persone riuscissero a parlare così apertamente dei propri problemi. Si lamentò ripetutamente della sua donna delle pulizie perché non sorrideva mai e una volta, pur di non dover guardare in faccia il tecnico informatico che era in casa per riparargli il pc, gli diede indicazioni via telefono da un'altra stanza. Testardo, egocentrico, controverso, paranoico e asociale, l'ultimo Bobby Fischer si diceva interessato unicamente a tre cose: le donne, i soldi e la teoria del complotto giudaico. Avrebbe potuto essere un perfetto berserker, furioso guerriero medievale perennemente alla ricerca di un nemico verso cui indirizzare le proprie ire. Tuttavia Helgi Oláfsson, gran maestro e più volte campione nazionale islandese, ha un'idea alquanto diversa sull'uomo-Fischer. Nel libro, Bobby Fischer Comes Home, Helgi afferma che gli eccessi e follie di Fischer non erano altro che un modo di comunicare la sua inadeguatezza. Il più rivoluzionario giocatore di scacchi della storia era un vulcano intermittente, un'anima disperata che aveva passato gran parte della sua esistenza a sentirsi una sorta di Elephant Man, ma che nei pressi del Circolo Polare Artico era riuscito a trovare intervalli di normalità. In uno slancio di raro ottimismo, poco prima di morire aveva confidato a un infermiere che «niente allevia il dolore quanto il tocco umano». Il legame tra Bobby Fischer e l'Islanda, tanto bizzarro quanto inscindibile, conserva intatto tutto il suo profondo fascino.

- La sfida del secolo a fumetti -
- La sfida del secolo a fumetti -

Bobby Fischer poco prima che si ammalasse. I giornali scrissero che, nonostante Kasparov e i computer, Fischer era rimasto insuperato in quanto a combattività e capacità di concentrazione, ispirando così schiere di appassionati che negli anni hanno trasformato Laugardælir in un piccolo luogo di pellegrinaggio. 

L'ultima foto di Bobby scattata dall'amico Einar Einarsson al "3 Frakkar" di Reykjavík. 

- La lapide a Laugardælir, Selfoss, (Islanda) -
- La lapide a Laugardælir, Selfoss, (Islanda) -